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SE UN VULGATARO DICE CHE IL CIELO È BLU

by Aleth Thursday, Apr. 25, 2024 at 12:00 PM

olivetti complice o no ?

SE UN VULGATARO DICE CHE IL CIELO È BLU

Per una volta, eccezionalmente, consiglio questo benissimo informato articolo - di cui ovviamente non condivido l´impostazione sattizzante, ma alcuni punti specifici sì :

https://ilpanfilofeltre.it/caffe-olivetti-chiacchiere-da-bar-su-aldo-moro/

Riporto i passi più interessanti, con info dettagliate che non conoscevo, non senza sottolineare le menzogne dell´autore, tal eddy benato, tipico rappresentante del sattismo radicalchic anticomplottista :

salto la demenziale introduzione, vado allo specifico :

"Quest’anonima via di Roma, dal lato che terminava su via Stresa, veniva giornalmente percorsa da Aldo Moro e dalla scorta." : falso stando a Eleonora e figli : Moro variava spesso il suo percorso.

"La storia è ben nota: alle 9 e 02 del 16 marzo 1978 un commando di brigatisti crivellò di colpi gli uomini del seguito e Mario Moretti, con le buone o le cattive, lo prelevò per portarlo in un’altra auto dove Roberto Fiore lo tenne probabilmente sotto tiro (forse lo drogarono, chi sa, questo è uno dei pochi misteri che rimangono aperti)." : non esiste prova alcuna che furono i "br" ad uccidere la scorta - tutto lascia pensare che non lo furono, se non per i colpi di grazia.

fiore si chiama raffaele non roberto - tano per dire il livello di scrupolo acribico.

salto il resto dello spappagallamento della vulgata, montalcini etc., per nausea : ma il livello di lobotomia è allucinante, da piangere, anche perché penso si tratti di un giovane studioso che scrive.

Ma veniamo all´olivetti, su cui l´autore ha studiato bene e riporta dettagli che non conoscevo : " Il bar Olivetti apparteneva a una catena, un piccolo franchise, la Olivetti Spa, di cui erano soci il romano Tullio Olivetti, Maria Cecilia Gronchi e suo marito Gianni Cigna. Sono quei Gronchi: cioè Maria Cecilia era la figlia dell’ex presidente della Repubblica Giovanni e di sua moglie Carla Bissatini. La sede commerciale principale era senza dubbio quella nel palazzo dell’ambasciata americana, a Via Veneto, mentre il laboratorio di pasticceria si trovava proprio in Via Fani, nello stabile all’angolo con Via Stresa, dal lato destro se si risale la strada come faceva quel giorno Aldo Moro, da Via del Forte Trionfale. " : palazzo dell´ ambasciata americana ? Cioè, la ditta olivetti-gronchi era dentro l´ambasciata ? Questa mi giunge nuova, purtroppo l´ autore che si spaccia per saputello storiografo, non dà fonti.

Se qualcuno di voi ne sa di più, con tutte le fonti verificabili, posti pure approfondimenti su questo perché interessa molto potenzialmente.

forse il nostro radicalchic dovrebbe verificare che Moro scendeva e non saliva quindi aveva l´olivetti alla sinistra, ma lo dico solo per amor di complottismo...

" Il bar Olivetti era fallito da tempo e quindi chiuso (il tribunale aveva decretato la liquidazione il 21 dicembre del 1977). Una nota del Sismi, il servizio segreto militare, definì il 30 luglio 1978 quel fallimento strano, pilotato. In realtà, se si legge bene il carteggio (oggi disponibile digitalizzato sul portale dell’Archivio storico della Camera) si scopre come Olivetti e i Gronchi-Cigna fossero ai ferri corti da tempo e, sostanzialmente, i secondi accusassero il primo di averli truffati e sottratto denaro. L’Olivetti Spa aveva grossi ritardi nel pagare i fornitori e gli stipendi dei dipendenti. Olivetti dovette fuggire da Roma e rendersi irreperibile quando fu ricercato (ebbe vari contenziosi nel corso della sua vita) qualche tempo dopo (pare che avesse già viaggiato in Sudamerica). Una storia di dissidi commerciali, piccole frodi e fallimenti come ce ne sono a migliaia nelle grandi città, tanto più in un’attività, come è quella ristorativa, che ha i più alti tassi di fallimento nel campo dell’imprenditoria (se guardate le statistiche, poche cose come bar e ristoranti chiudono con tanta vorticosità tra gli esercizi commerciali). Ma non è finita qui.

" Vi fu un’inchiesta su un certo Luigi Guardigli, che lavorava nell’import export (aveva una ditta): il 15 maggio del 1977 l’Unità diede notizia del suo arresto insieme alla compagnia Maria Pia Lavo che, fatto interessante, aveva lavorato per la segreteria di Franco Evangelisti, politico Dc e collaboratore di Andreotti. I due erano sospettati di traffico d’armi internazionale, in particolare verso la Grecia e il Libano: in realtà non se ne fece molto, anche perché a una perizia psichiatrica Guardigli risultò inaffidabile e fu giudicato psicopatico e mitomane (si diede infatti a fare moltissimi nomi di persone con cui trafficava armi: tra le altre anche Tullio Olivetti). Da qui, la fantasia della Commissione è volata." : non vedo perché una perizia debba essere vangelo - su questo vedi anche le audizioni di cornacchia ed armati alla Moro2 : la cosa è dubbia, anche perché tullio olivetti era noto in mezza roma come criminale e di estrema destra.

Condivido invece in pieno il debunking di diego cimara, di cui avevo già letto ampiamente in altre fonti documentali :

" Il giornalista Rai Diego Cimara in data 21 luglio 2015 ha reso questa dichiarazione alla Commissione. Interessante anche la sua storia familiare (figlio del pittore Mario e dell’artista armena Nivart Abatachian, a sua volta Mario era figlio di un noto Luigi Cimara, attore). Lui dichiara di essere entrato nel bar che era aperto. Parto dalla prima relazione, del dicembre 2015:

Tali dichiarazioni [quelle di Pannofino, NdR] trovano un significativo riscontro in quelle di Diego Cimara, all’epoca redattore del TG1 della RAI, e di Alessandro Bianchi, allora operatore per conto della stessa testata giornalistica. Cimara, sentito per la prima volta il 21 luglio 2015, ha riferito che il 16 marzo 1978 era giunto in via Fani poco dopo la strage per svolgere il proprio lavoro di giornalista. Avendo necessità di effettuare una telefonata in redazione, si era accorto che il bar Olivetti era aperto. Nel farvi ingresso ha incrociato il proprio collaboratore Alessandro Bianchi che, dopo avere consumato un caffè, stava uscendo. Cimara ha descritto con estrema precisione alcune delle persone che quella mattina aveva notato all’interno del bar: segnatamente due addetti al servizio, uno alla cassa ed uno al bancone, suoi colleghi Monteforte de Il Messaggero e De Persis dell’agenzia ANSA e tre persone dai tratti somatici del Nord Europa, che – tenuto conto delle uniformi dell’aeronautica da essi indossate e di alcune parole pronunciate da uno di loro – potevano provenire da un’area geografica di lingua tedesca. Il giornalista ha, altresì, aggiunto che all’interno del bar si trovavano molti esponenti delle forze dell’ordine o comunque degli apparati di sicurezza che, ad un certo punto, avevano abbassato la saracinesca esterna del locale invitandolo risolutamente ad uscire. Successivamente Cimara ha inviato una lettera nella quale ha precisato che il tempo trascorso e ragioni di salute non lo rendono sicuro delle circostanze riferite. Alessandro Bianchi, sentito formalmente per la prima volta da collaboratori della Commissione il 28 luglio 2015, ha tuttavia sostanzialmente confermato i tratti salienti della versione resa da Cimara, con specifico riguardo alla circostanza dell’apertura del bar, pur collocando diversamente il ricordo di alcuni particolari. Bianchi ha, infatti, asserito di avere visto solo due persone con le uniformi e le caratteristiche descritte da Cimara e di averne percepito la presenza all’esterno e non dentro il bar.

Questa deposizione è delirante. Intanto, osserva lo storico Vladimiro Satta: Perché mai avranno abbassato la saracinesca, a strage ormai passata e dopo essere stati visti da persone comuni quali Cimara stesso? Perché nessun testimone notò lo strano fatto dell’abbassamento della saracinesca di un bar all’interno del quale c’era parecchia gente? Come avrà fatto Cimara a tenersi dentro tutto questo per quasi quarant’anni e a non averlo tirato fuori neppure nel suo libro Stragi di Stato 1968/2008, Editing edizioni, Treviso 2008, dove nelle pagine 200 e seguenti si fa una cronistoria della vicenda Moro corredata dai ricordi personali dell’autore ed egli tace del bar Olivetti?

Infierisco con la documentazione raccolta dalla Commissione. L’8 gennaio 2016 la giornalista Rai Angela Buttiglione viene interrogata dal magistrato Guido Salvini su indicazione della Commissione. Cimara afferma varie cose che la Buttiglione smentisce categoricamente e considera assolutamente assurde. La Buttiglione ricorda molto bene il giorno di Via Fani: oltre che per l’angoscia della giornata, per l’enorme carico di lavoro. Non ha senso che Cimara dica d’aver chiesto l’invio di una telecamera elettronica mentre ne usava una a pellicola, perché il TG1 per cui lavorava le aveva già sostituite tutte. Mi pare di capire che la Buttiglione non creda neanche alla presenza di Cimara in Via Fani. Aggiunge che, in caso, Cimara non avrebbe dovuto telefonare a lei o al collega Massimo Bernardini, come lui dice (peraltro è impossibile: Bernardini faceva il turno della sera, non la mattina), ma alla segreteria tecnica. Quindi, doppiamente fasullo. Continuo a citare dalla relazione della commissione del 10 dicembre 2015:

[Cimara] ha affermato che mentre era all’interno del bar Olivetti – che, secondo quanto da lui riferito, era aperto – fu avvicinato da un giovane, forse di nazionalità slava, che gli consegnò un rullino da conservare e da restituirgli il giorno successivo. Preso il rullino, lo portò nel pomeriggio a Duccio Guidotti, responsabile del TG1 per la realizzazione tecnica dei video, con l’intesa di realizzarne una copia in formato elettronico e di ritirarlo il giorno successivo. Il mattino seguente, tuttavia, egli apprese che vi era stato un furto nel laboratorio di Guidotti, che la copia elettronica era stata sottratta e che non si poteva più essere certi che il rullino rimasto fosse effettivamente quello consegnato il giorno prima. In ogni caso, Cimara riprese il rullino e, trovando il bar Olivetti chiuso, lo consegnò ad una signora per la restituzione al giovane incontrato il giorno prima. Solo anni dopo Guidotti – che è deceduto – gli disse che in quelle foto si ritraevano scene dell’agguato di via Fani in cui erano visibili i terroristi che vi avevano preso parte. Cimara ha, inoltre, riferito di aver casualmente incontrato tre anni fa il giovane che gli consegnò il rullino, il quale si sarebbe lamentato per il fatto che quest’ultimo non gli era mai stato restituito. Le dichiarazioni di Cimara sono molto dettagliate e indicano circostanze, nomi e particolari che la Commissione intende riscontrare con alcuni accertamenti già disposti e tuttora in corso.

Non vi ricorda qualcosa? A me la trama di Blow up! di Antonioni (la misteriosa signora, il furto che avviene proprio nel laboratorio fotografico, la sparatoria immortalata…). La Buttiglione smentisce categoricamente questa possibilità. Le foto non venivano portate al TG1. Il 10 febbraio 2016 si notificano alla Commissione anche le interviste ai figli di Duccio Guidotti e apprendiamo così il nome del misterioso fotografo “slavo” (il macedone Nuran Ademosky, nato nel 1961, a sua volta già interrogato il 1° dicembre 2015) che, da parte sua, nega di essere stato in Via Fani a marzo. Era in Italia da un mese e non parlava ancora bene l’italiano. Questo ebreo macedone dalla vita avventurosa (agopuntore, paramilitare in Angola per fare da guardia al traffico di diamanti in una strana associazione tra colonialisti portoghesi e spagnoli, missioni cattoliche e cristiani copti, oltre a dichiararsi falsificatore di documenti e quant’altro) smentisce insomma tutto quanto. I figli di Guidotti, Barbara e Pier Latino, escludono che il padre potesse conservare in casa rullini. Quanto alla presenza di tedeschi nel Bar Olivetti, è demenziale che un terrorista – si allude chiaramente alla RAF e alle bande Baden-Meinhof – si fermi a prendere il caffè dove ha appena sparato."

Ricordo appena quel che benato ignora : che almeno un oculare, vitali, vide la luce accesa nell´olivetti poco tempo prima dell´agguato (vado a memoria, forse franco può aiutare qui con le fonti CM). Se non m´inganno non fu nemmeno l´unico, ma qui non ricordo bene eventuali altri. Il punto principale non è se quella mattina fosse aperto o chiuso : il punto per me è, se prima dell´agguato il bar olivetti e sue pertinenze servirono per prepararne la logistica oppure no.

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